LA TRACCIA – Un pensiero per domenica
Domenica 4 marzo – 3° di Quaresima (anno B)
NON PIETRE, MA CORPI
(Gv 2, 13-25)
I luoghi, per Gesù, non sono secondari. Si trova a suo agio durante la festa di Cana, a Betania con gli amici, attorno ad una tavola o a casa di Zaccheo, nonostante la mormorazione della folla, o ancora di notte, a dialogare con profonda sincerità insieme a Nicodemo. E’ come se le cose più comuni, dagli affetti al perdono, dall’invito alla condivisione del pasto, dall’amicizia alle relazioni, fossero per Gesù una vera e propria scuola sulla vicinanza amorevole e misericordiosa del Padre suo.
Al tempio no, non è così. Per chi, come lui, ha imparato a riconoscere Dio nelle realtà umane più comuni, tutto si manifesta freddo, distante, ambiguo. Si parla il linguaggio del sacro, ma non ci si può fidare. Quella che nasce come casa di Dio, esattamente come i comandamenti, che furono donati al servizio di relazioni giuste per la costruzione di una casa comune, è diventato un luogo di divisione, di mercanteggiamento, di religiosità mortificante e lontana dalla vita. Nel gesto dirompente e profetico di Gesù si manifesta una invocazione, un grido, una liberazione: “il Padre mio non è così, non ha nulla da spartire con pietre fredde, immobili, senza futuro, con cerimoniali che non aprono ad alcuna novità, privi di comunione reale e di solidarietà vissuta”.
“Egli parlava del tempio del suo corpo”: il Dio di Gesù non desidera pietre, ma corpi. E i corpi sono fragili, non potenti, si arrabbiano e gioiscono, non sono distaccati, si lasciano ferire e imparano ad amare. Sono caldi e vivi, a differenza delle pietre.
Dio si è fatto corpo, trovandosi a suo agio negli ambienti di vita più comuni. Nel corso della storia, invece, per difenderci dalla vita, per mascherarci, per tentare di rimanere nell’ambiguità dell’anonimato, abbiamo ricostruito templi piuttosto che contribuire alla verità evangelica dei legami umani più preziosi, in cui Dio stesso si riconosce e freme per noi.
Dovremmo sempre ringraziare di poter riflettere su questo forte gesto di Gesù al tempio: dal quel momento in poi abbiamo sempre davanti agli occhi qualcuno che ci sveglierà dal torpore, che ci chiederà di trasformare il cuore di pietra in cuore di carne, le liturgie da vuoto cerimoniale a rito che accompagna la vita e la apre alla sua profondità, che ribalterà i tavoli dei mercanti di ogni tempo, affinché tornino ad essere mense di comunione apparecchiate per tutti.
E’ così che il Padre prende dimora in mezzo a noi, non certo in rapporti di pietra senza corpo né sangue, pieni di ambiguità e di secondi fini, fossero anche ammantati di apparente religiosità.