LA TRACCIA – Un pensiero per domenica
Domenica 11 marzo – 4° del Tempo Ordinario (anno B)
UNA NOTTE PIENA DI FIDUCIA
(Gv 3, 14-21)
C’è il tempo scandito dall’orologio, controllato e organizzato da cima a fondo. Ma poi c’è il tempo della notte, del sonno, simile a quello della festa, o del riposo domenicale, in cui ci si libera dai ruoli, dall’efficientismo, dai vestiti che ci sono stati cuciti addosso e si ritorna semplicemente uomini. Per questo la notte può fare paura, perché saltano tutte le difese, perché riemergono cose su cui troppe volte si cerca di fare tabù.
Oppure può succedere che il tempo notturno sia riconosciuto nella sua liberante promessa. E allora di notte si sogna, di notte ci si lascia andare e si ama senza veli, di notte si impara di nuovo ad avere così tanto coraggio da ridare voce a domande che ci ostiniamo a rendere mute.
Quella di Nicodemo è una notte così: piena di fiducia. Di notte, appunto, si reca da Gesù, non credo per nascondersi o per non compromettersi, ma forse perché soltanto così, lontano dai ruoli acquisiti, può venire davvero alla luce per quello che è, facendo la verità dentro di sé.
Il risultato è un dialogo onesto, sciolto, profondo, lontano da ogni retorica o faciloneria. Nicodemo si mette a nudo e, viceversa, lo stesso Gesù, di fronte a lui, non nasconde nulla di sé, ma rivela senza remore, con garbo e decisione, il suo futuro innalzamento sulla croce.
Quando c’è fiducia, anche l’annuncio più ostico e più complesso può essere affrontato, perché si colora di una luce che non ne cancella il lato drammatico, ma lo rende attraversabile, sensato, all’altezza della serietà della vita.
Quando c’è fiducia, allora si comprende che l’amore sconfinato di Dio per il mondo fino a dare il Figlio per la salvezza di tutti, non è un condono, non è un motivo per fuggire dalle proprie responsabilità. Anzi, è la condizione perché ciascuno si possa mettere in movimento per uscire dalle tenebre e venire verso la luce tramite il laborioso cammino del discernimento. Certo, si tratta come Nicodemo di rinunciare all’idea assurda di non avere bisogno di nessuno, di dover sempre essere sotto le luci della ribalta, per entrare invece nel tempo della notte, in cui cadono maschere e formalità, applausi e rumori assordanti, mentre ritorna l’umanità reale, con tutte le domande che si porta dietro. E’ lì che il vangelo inizia a lavorare, è lì che dissoda il terreno, è da lì che, anche nella tenebra più grande, si può ogni volta ricominciare, a partire dal Figlio, che nulla tiene per sé, ma tutto dona perché altri, ogni giorno, possano venire verso la luce.
Per tutto questo, non lasciamoci rubare la saggezza del tempo notturno. E l’orologio, almeno ogni tanto, lasciamolo sul comodino.