LA TRACCIA – Un pensiero per domenica
Domenica 25 febbraio – 2° di Quaresima (anno B)
CONVERSARE
(Mc 9, 2-10)
Quando c’è qualcosa che non va, si rischia di scegliere il silenzio, per tenersi tutto dentro. Oppure ci si può precipitare in un monologo senza fine, parlandosi addosso con fiumi di parole. Ma in tutti e due i casi non si incontra nessuno, non succede nulla, non ci si fa aiutare.
Diverso è quando si dice: “Vorrei parlare con te; hai un attimo per me? Soltanto per confrontarci un po’ insieme”. E’ questa la conversazione, lontana tanto dalla chiacchiera e dalla mormorazione, quanto dall’isolamento muto. Potremmo dire che ci si converte se si conversa: si cambia direzione quando è possibile essere ospitati reciprocamente nell’ascolto. Ma abbiamo ancora tempo per questo? Non è forse vero che anche i nostri dialoghi sono sempre più strumentali, a servizio di qualcosa da fare o da organizzare, piuttosto che essere veri e propri luoghi di discernimento sulla verità della nostra vita?
Quante volte, in effetti, una grossa difficoltà o un momento di crisi sono risultati più sopportabili, più abbordabili, per il semplice fatto che sono stati condivisi con sincerità durante un colloquio, all’interno di una conversazione trasparente, onesta, custodita dalla fiducia necessaria e dalla vera ricerca del bene dell’altro.
Certo, se non ci si riabitua a questo lavoro, per paura della mormorazione o della critica malevola, poco per volta ci si impoverisce, ritrovandoci tremendamente soli alle prese con le nostre fatiche quotidiane. Per questo ci fa bene riascoltare l’episodio della trasfigurazione leggendolo in questa prospettiva: è una pagina piena di luce e di gratuità perché, in fondo, è una vera e propria esperienza di conversazione.
E’ prima di tutto Gesù che ha bisogno di conversare con Elia e Mosè, per comprendere e dare forma alla sua missione. Ma in quel dialogo sono coinvolti fin dall’inizio anche Pietro, Giacomo e Giovanni; e poi il cerchio si allarga, perché tramite il testo anche noi che leggiamo siamo presi nel vortice, in modo che ogni volta che siamo tentati di addormentarci, a causa dello sconforto, non ci dimentichiamo che possiamo sempre risorgere grazie a un dialogo ospitale.
Nel conversare tutto si apre, nulla si chiude, perché è l’esperienza di come solo nel coinvolgimento della fede, reso possibile dal volto ospitale dell’altro, la vita può trovare la sua luce, la sua direzione. Non sono forse momenti reali di trasfigurazione, di bellezza gratuita, quelle conversazioni con amici, con persone fidate, che con semplicità riabilitano a sperare, fanno cambiare sguardo e cuore, riaprono porte che sembravano chiuse? Non credo che abbiamo bisogno di tante cose, ma di esercitarci da capo, gli uni gli altri, a prendere la parola, a rivolgerci un invito, per imparare di nuovo a conversare, con l’unico fine di ridare vigore al nostro quotidiano cammino, come è successo quel giorno sul monte. E’ in quel momento che anche a noi verrà da dire: “E’ bello stare qui!”, come riconoscimento del Signore nello spazio discreto e garbato di una conversazione ospitale, che nulla chiude, ma tutto riapre.