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La Traccia Domenica 2 Febbraio

Domenica 2 febbraio – Festa della Presentazione del Signore al tempio

LE BRACCIA DI SIMEONE

(Lc 2, 22-40)

   Che cosa avrà provato Simeone a prendere in braccio il bambino Gesù? Si può immaginare che per un anziano non sia facile reggere tra le mani una vita appena nata. Le braccia sono fragili, stanche, forse tremanti. C’è voluta molta fiducia e tanto coraggio per compiere un gesto così. 

   Abbracciare, in effetti, significa mettersi nelle mani dell’altro, custodirlo nel medesimo tempo in cui si è a propria volta custoditi e sostenuti in quell’intreccio di corpi, di mani e di braccia. Fa ancora più effetto quando è un anziano a sciogliersi nell’abbraccio, quando è un uomo avanti negli anni a credere a tal punto nella vita, ad essere così riconciliato con le sue ferite e con le sue attese, da non avere paura di esporre il proprio corpo fragile, affaticato, nel gesto corporeo del prendere in braccio un bambino.

   E siamo nel tempio! Ci aspetteremmo un freddo cerimoniale. E invece è come se le pietre giganti e il perimetro di quel muro maestoso non fossero più in grado di contenere la presenza di Dio in mezzo al suo popolo, che divenuto carne non ha più bisogno di essere costretto dentro recinti sacri, ma di essere riconosciuto e raccontato da corpi fiduciosi che si muovono e si incontrano, usando delicatezza, profondità di parole e di sguardo. Le pietre non sentono, non odono, non toccano, non amano; i cuori e i corpi pulsano, si muovono, abbracciano, soffrono, come accadrà per Maria nel vedere il figlio morire.

   In effetti, non c’è nessuno più potente di chi ha così fiducia nella vita e nella sua capacità di generazione da farsi sollevare da corpi, non da pietre, da braccia fragili come quelle di Simeone. E Dio è così, perché questa è la sua potenza d’origine: non si difende, ma si espone fino all’ultimo al dramma dell’amore. Ebbene sì! Anche attraverso le braccia tremanti di Simeone il Figlio di Dio sente che la potenza del Padre sta nel trovarsi a suo agio in quel fragile abbraccio, fino a lasciare che siano le parole profetiche dell’anziano uomo a testimoniare la Sua presenza in mezzo agli uomini.

   Il vangelo potrà ancora essere udibile oggi come fonte di giovinezza, di vita piena, a patto di rimetterci in ascolto delle corde più profonde dei nostri corpi. Lo Spirito non è altrove, ma dentro mani che stringono altre mani, riposa sulle braccia che si aprono senza timore, si incide nella pelle di chi si lascia ferire dalla fatica della vita, nella consapevolezza che quel bambino presentato al tempio è potenza di umanità così grande da rivelare che in ogni più semplice gesto di cura si viene restituiti alla propria capacità di amare, rimanendo all’altezza del nostro poter generare ed essere rigenerati ogni volta da capo. 

   Troppo poco un abbraccio? Non sembra. Dio riposa sulle braccia di Simeone e tutto ciò che riconsegna all’umano la sua dignità, il suo potere di muoversi e di voler bene, è opera spirituale. Alla portata di tutti!

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