Domenica 1 marzo – 1° di Quaresima (anno A)
IL TENTATORE E’ MALDESTRO
(Mt 4, 1-11)
Gesù è Signore anche nel suo stile di muoversi, nel modo singolare con cui affronta poco per volta le cose che vive, imprevedibili anche per lui. Il tentatore, invece, è maldestro, non ha pazienza, perde presto le staffe: tutto subito sembra molto furbo nell’utilizzare, a mo’ di parassita, il linguaggio del pane, della fame, della cura, ma ben presto, stizzito dalle risposte che riceve, diventa goffo, sbagliando la mossa. Alza troppo il tiro pur di vincere, rivelandosi per quello che è: non certo preoccupato di sfamare veramente, ma solo di moltiplicare confusione ed egoismo per i propri subdoli interessi. Pare anche di sentire un innalzamento progressivo del tono di voce: dal sussurro iniziale della magia che invita a trasformare le pietre in pane, all’insistenza urlata della gloria a tutti i costi.
E’ proprio in questi passaggi quasi impercettibili che il tentatore si dimostra inabile, senza perizia, muovendosi maldestramente nel confronto con Gesù. E alla fine non c’è scampo per lui: viene fuori per quello che è e deve andarsene.
Quante cose buone, invece, passano e rimangono attraverso mani che, attraversando il deserto, hanno imparato giorno per giorno l’abilità della condivisione, toccando il pane non per arraffarlo, ma per dividerlo con chi non ce l’ha, usando le proprie capacità non in vista dell’accumulo per sé, ma per contribuire a rendere questo mondo una casa più abitabile!
La senti, la percepisci questa sottile ma enorme differenza tra Gesù e il tentatore? L’uno sa muoversi con scioltezza, utilizzando anche l’ironia e l’abilità di sdrammatizzare, mentre l’altro non resiste al gioco, si muove male, diventa invadente, scorbutico, distruggendo con goffaggine le cose belle.
Fede e tentazione, dunque, vale a dire apertura sul futuro o ritorno indietro nella paura, riposano addirittura sullo stile con cui le nostre mani si muovono. Più impariamo ad usarle in modo ingegnoso, creativo, accurato e meno saremo maldestri, sprovveduti, come invece lo è il tentatore. Certo, la delicatezza manuale non dà spettacolo e non fa rumore, a differenza dell’inettitudine invadente e rumorosa. Per questo troppo facilmente rischia di risultarci debole, inefficace. Non cadiamo, però, nella trappola: l’abilità di Gesù nel deserto ci libera da questa suggestione. Basta mettersi in ascolto della sua mano inconfondibile per scoprire quanto sia maldestra, dunque goffa e distruttiva, la strategia del tentatore, che ha sempre bisogno di alzare la voce, di creare confusione e invadenza per farsi strada. Ma proprio così manifesta tutta la sua inguaribile, inaffidabile debolezza.