LA TRACCIA – Un pensiero per domenica
Domenica 30 giugno – 13° del Tempo Ordinario (anno C)
LA GIOIOSA FATICA DELL’ARATURA
(Lc 9, 51-62)
Ci sono sempre dei buoni motivi per non portare a termine un lavoro, o per non andare fino in fondo alle proprie scelte. In ogni caso, mettere mano all’aratura, ai tempi di Gesù, come lo era nelle nostre campagne non troppo tempo fa, voleva dire avere mani forti, in grado di dirigere l’aratro con fermezza, assecondando sia i movimenti dei buoi che le linee imprevedibili delle gobbe del terreno.
Quanto poco ci vorrebbe per desistere da un lavoro così! E allora? Dovremmo pensare con buona dose di ingenuità che la vita sia una passeggiata già tutta pronta per noi, senza fatica né ostacoli? Alla prima buca nel terreno lasceremmo subito l’aratro, volgendoci indietro.
E se invece ricominciassimo a ridirci che la vita reale è molto più simile ad un terreno da dissodare e lavorare giorno per giorno? Forse il vangelo tornerebbe a parlarci davvero, nella sua capacità di non presentarsi come una magia religiosa a buon mercato, o come una ‘pillola’ che solleva dal sudore della storia in modo vagamente consolatorio, ma come promessa in grado di suscitare, accompagnare, guidare la faticosa aratura delle nostre giornate.
Proprio su questo punto la libertà di Gesù è sconcertante: egli continua a camminare e a lavorare per il Regno anche quando incontra freddezza e incomprensione. Chiede ai discepoli di non perdere tempo di fronte a cuori che non cambiano, magari lasciandosi sfiancare da vendette e risentimenti privi di senso, ma di ricominciare con Lui da altre parti, di villaggio in villaggio, nella fiducia che prima o poi, da qualche parte, qualcuno la smetta di accampare scuse, ma si appassioni del vangelo, mettendovi mano con tutto se stesso.
Arriva il momento, dunque, in cui diventare discepoli di Gesù significa andare fino in fondo, pagare di persona, mettere da parte gloria e onorificenze, pur di poter gustare con libertà quanto sia bello, alla fine, scorgere anche solo un piccolo germoglio che si fa strada dentro il solco scavato con sudore.
Se metti già davanti a tutto le motivazioni, anche legittime, per voltarti indietro e rimanere bloccato, solo apparentemente vivrai tranquillo. Certo, ti farai meno problemi, ti chiuderai nelle tue magiche certezze sempre uguali, ma privandoti da subito della possibilità di diventare fecondo, di assaporare il nuovo che nasce solo attraverso l’esercizio quotidiano della fiduciosa aratura del terreno.
Per Gesù, in ogni caso, è meglio ferirsi le mani con l’aratro e gioire per il raccolto che con fatica spunterà, piuttosto che rimanere sempre e noiosamente uguali a se stessi, attaccati con egoismo alla propria casa invece di contribuire a sentirsi a casa dovunque si andrà!