LA TRACCIA – Un pensiero per domenica
Domenica 12 maggio – 4° del Tempo di Pasqua (anno C)
NELLE BRACCIA DEL PASTORE BUONO
(Gv 10, 27-30)
Agli occhi di Gesù, buon Pastore, non esistono recinti. Appartenere a lui non è questione di etichette, di prestazioni particolari, di privilegi esclusivi. Si diventa discepoli non soltanto perché ci si ritrova all’interno di tradizioni consolidate, ma perché ci si confronta con Gesù, con la perla preziosa del suo Vangelo, seguendone la voce e la promessa esigente. Questo è l’unico criterio, alla portata della libertà di tutti.
Chiunque disponga se stesso ad accogliere la voce del Pastore, ha la vita in Lui, è già nelle braccia dell’amore incondizionato del Padre, come Gesù è una cosa sola con Lui.
La chiesa ha faticato fin dalla sua nascita a cogliere la novità di questa apertura. C’è voluto molto tempo e discernimento per scoprire che lo Spirito non ha recinti, ma lavora con sorpresa nella vita di ciascuno, preparando mente e cuore perché chiunque si trovi nelle condizioni di accogliere il Vangelo, che non è mai riducibile ad una gelosa e intoccabile proprietà di qualcuno.
Oggi come allora, ritrovare la voce del Pastore significa continuare a compiere questo passaggio delle origini senza stancarsi: in un contesto in cui torna più facile ricostruire recinti e innalzare muri, o difendere una sterile tradizione perché veicoli chiusure e paure invece di tradurre il cristianesimo con coraggio e creatività a favore delle generazioni che verranno, la comunità cristiana è chiamata a ripartire dall’intuizione di Paolo. Si tratta di riconoscere che tante nostre forme ecclesiali o religiose non tengono più e che dunque è necessario aprirsi con franchezza ai molti che già da tempo vivono altrove rispetto a quelle strutture invecchiate, ma che non per questo sono da considerare estranei alla voce del Pastore.
Senza apertura non c’è chiesa, perché mancherebbe lo stile proprio dello Spirito del Risorto, capace di suscitare discepoli ben al di là dei recinti che troppo spesso abbiamo costruito noi, schiavi della paura di perdere qualcosa, o forse presi dal risentimento verso chi, in forme nuove e inedite, sta scoprendo per la prima volta la voce liberante del Pastore buono.
Nessun recinto, dunque, per la chiesa di Gesù, ma solo apertura e discernimento nel cogliere dentro la vita di tutti l’opera umanizzante dello Spirito. Il suo soffio vitale apre porte, invita a camminare, a uscire, a incontrare, a lasciarsi interpellare e cambiare da ciò che succede, alla maniera di una voce che rigenera un mondo reso troppo spesso muto da recinti assurdi e senza futuro.
D’altronde, quando ci sentiamo abbracciati da un padre affidabile, che paura si può ancora avere di affrontare la complessità della vita? La sua voce inconfondibile e le sue braccia forti e delicate non possono che restituirci le risorse interiori necessarie per tornare ad avere fiducia.