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La Traccia domenica 5 Maggio

Domenica 5 maggio – 3° domenica di Pasqua (anno C)

LA SILENZIOSA PREMURA DEL RISORTO

(Gv 21, 1-19)

 

 

Nell’epoca dei grandi eventi e della spettacolarizzazione di ogni cosa, rischiamo di perderci i piccoli particolari della vita reale. Ma non è forse vero che ci sentiamo raggiunti dal desiderio di vivere e di ricominciare anche solo perché qualcuno, con semplicità, ci saluta, ci lascia qualcosa di pronto, esprime premura verso di noi senza lasciarci soli? Ed è poco tutto questo? E se fosse davvero l’essenziale?

Il Risorto ha premura per i suoi discepoli, innanzitutto per la loro umanità: si preoccupa che possano tornare a pescare con fiducia, accende per loro un fuoco sulla riva affinché non si perdano, prepara pani e pesci ben cotti, condivide il pasto con gioia. E anche quando arriva il momento di istruire Pietro sul suo prossimo compito di guida, chiede al futuro pastore della chiesa di essere prima di tutto un uomo, capace di amare, di lasciarsi trasformare dall’amore, di sentirsi rigenerato dal perdono, riconoscendo con coraggio la sua fragilità come condizione della sua stessa autorevolezza. I ruoli vengono dopo, si innestano su ciò che è essenziale e non può in alcun modo essere perso: la passione per l’umanità del vangelo, da cui soltanto può scaturire una comunità profetica, davvero esperta in umanità.

Ci deve incantare lo stile premuroso del Risorto: ciò che non è umano, anche nella chiesa, non può essere evangelico. E ciò che è evangelico non può che umanizzare l’uomo.

E’ proprio vero che il segreto della vita è riconoscere di giorno in giorno che buona parte di noi non dipende da noi, ma da un fuoco già acceso, da un invito che fa rivivere e risveglia, che una bella fetta delle nostre opere e del nostro lavoro è sostenuta da promesse e da gesti che ci precedono e ci sostengono. E’ la consapevolezza, mai scontata e bisognosa di educazione, che non si perde nulla rinunciando alla tentazione dell’onnipotenza. E allora succede anche a noi, come quel giorno sulla spiaggia, di riuscire a scioglierci anche solo perché qualcuno ci ha preparato da mangiare, rendendoci conto, una buona volta, che solo rimanendo dentro questa reciproca fiducia accesa dalle piccole cose possiamo essere tenuti in vita e risorgere ogni volta da capo.

Gli eventi spettacolari lasciano il tempo che trovano. Abbiamo invece bisogno di trovare un altro tempo, quello inaugurato dalla premura del Risorto, da tutti quei gesti gratuiti di cura e di affetto, intrisi della forza tipica della tenerezza, che fanno dire anche a noi: “È il Signore!”, senza che ci siano ulteriori parole da pronunciare o troppe cose da fare.

 

 

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