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La Traccia Domenica 28 Aprile

Domenica 28 aprile – 2° di Pasqua (anno C)

IL SEGNO PROFETICO DELLA FRATERNITA’

(Gv. 20, 19-31)

 

Il tempo pasquale è una lunga riflessione sulla nascita della fede nel Signore Risorto, che dà vita e stile alla testimonianza dei discepoli in mezzo agli uomini. O la chiesa è di Gesù, dunque reale espressione e trasmissione della fede in Lui, o non è!

Un tratto fondamentale della comunità cristiana delle origini è la forma della fraternità. L’itinerario di Tommaso che si apre progressivamente alla fede, riconosciuto per altro come esempio per ogni credente che verrà dopo di lui, manifesta che tale cammino è possibile nella sua pienezza solo se vissuto insieme, non in solitudine. Dunque è necessario che fin dall’inizio e per sempre la comunità dei discepoli impari a strutturarsi alla maniera di una fraternità: non di qualunque tipo, né confusa con una generica cerchia di conoscenze, ma una realtà aperta, ospitale, che sappia fare spazio all’altro fino alla fine, sostenendolo nella sua diversità, cogliendo senza invidia le ricerche plurali e inedite dei tanti che, come Tommaso, non si accontentano di una religiosità superficiale, abitudinaria, troppo facile e scontata, ma chiedono che nella benedizione di legami buoni accada realmente l’incontro con la freschezza sempre nuova del vangelo.

E’ proprio così! Tommaso ha potuto compiere il suo cammino di fede perché ha incontrato una comunità fraterna in grado non solo di sostenere la sua domanda, ma di farne tesoro a tal punto da lasciarsi provocare da essa fino in fondo.

Così è la chiesa di Gesù che nasce dalla Pasqua: un avventuroso intreccio di legami fraterni entro cui è possibile dare voce ai desideri più profondi e alle domande più struggenti, evitando che si perdano nell’anonimato o che si spengano a poco a poco nello spazio muto della solitudine. A questo proposito non dovremmo mai smettere di stupirci di fronte al racconto degli Atti degli Apostoli, in cui i primi cristiani vengono sorpresi nel loro radunarsi sotto il portico di Salomone, il luogo del tempio aperto a tutti, anche ai pagani: quello è lo spazio della chiesa di Gesù, alla maniera di un portico coperto ma senza muri, al cui riparo chiunque può incrociare, anche solo per un attimo, la benedizione del vangelo per la propria vita.

Abbiamo perso in gran parte il tratto fraterno della chiesa, dimenticando una condizione fondamentale per poter incontrare il Risorto. Mai come oggi è necessario riprenderlo e concretizzarlo, non certo per creare un gruppo chiuso, o un nido che ci difenda dalle fatiche della vita, ma perché i tanti Tommaso che sono alla ricerca, e insieme con loro ciascuno di noi, possano riconoscere un luogo umano attraverso cui il vangelo continua ad essere raccontato, vissuto, testimoniato da corpi e volti in carne ed ossa.

Il tocco credente di Tommaso non si può accendere se la sua mano non si fosse già abituata a stringere altre mani. Viceversa, le mani della chiesa, quelle di ogni battezzato, non potrebbero essere davvero fraterne se non si abituassero giorno per giorno, volta per volta, ad aprirsi alla domanda credente di Tommaso (e a lasciarne, forse, tante altre che la snaturano e le farebbero perdere tempo prezioso!).

E’ la fraternità il luogo vissuto tramite cui il Risorto desidera rendersi riconoscibile nella quotidianità del mondo umano, affinché ogni uomo, nella fatica della sua libertà, possa dire: “Mio Signore e mio Dio!”.

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