LA TRACCIA – Un pensiero per domenica
Domenica 14 aprile – Delle Palme (anno C)
NON SI PUO’ TACERE
(Lc 19, 28-40)
Molte volte Gesù aveva smorzato l’entusiasmo frettoloso della folla o dei suoi discepoli, o anche di chi guariva lungo la strada: “non raccontate nulla, mettetevi dietro di me, capirete più tardi, guardatevi dal dire a qualcuno ciò che avete visto”. Ora invece no: entrando a Gerusalemme, a dorso di un puledro, è lui stesso che chiede di non tacere, di liberare tutto ciò che è legato, di gioire senza timore come fanno i bambini, di lasciarsi finalmente condurre con fiducia, rinunciando al controllo ossessivo su ogni cosa.
Questa volta, infatti, se qualcuno tacerà, saranno addirittura le pietre a gridare, a diventare testimoni impreviste degli avvenimenti che da lì a poco accadranno. E’ il momento in cui nessuno deve stare fermo, ma camminare, cambiare, lasciandosi smuovere fin dentro la propria interiorità e i propri affetti. E’ il tempo in cui è necessario affrontare la più grande crisi, che diviene anche il cardine della salvezza: fare festa dentro e attraverso il dramma di un Figlio che non si sottrae agli insulti e agli sputi, dando la sua vita, per amore, fino alla fine. Questo è il punto di arrivo, e insieme di partenza, che non può essere taciuto, ma solo gridato e vissuto: vedere nel Crocifisso non semplicemente una esistenza sottratta con furore, ma una vita data per noi e per questo in grado di bloccare e disinnescare il meccanismo perverso della violenza.
E’ ciò che, in anticipo, viviamo nel rito della domenica delle Palme: facciamo festa portando in mano i rami di ulivo, accompagnati dal canto e dalla preghiera, per fermarci quasi subito di fronte al racconto della passione. Gioia e dramma diventano un’unica realtà: senza la prima, si darebbe al secondo l’ultima parola, ma senza il secondo si renderebbe la prima troppo superficiale. E’ come se fossimo chiamati a far venire fuori tutte le dimensioni della nostra interiorità, evitando di metterle a tacere: tanto il bambino che è in noi, perché canti e gioisca con fiducia senza vergognarsi, quanto l’adulto che noi siamo, affinché riconosca, con altrettanta fiducia, che l’amore è tale solo se è messo alla prova dell’incomprensione e della morte.
Saranno giorni di alti e bassi, di contrasti improvvisi, di piedi lavati e di chiodi che feriscono, di smarrimento e di fuochi che illuminano la notte. Tutto di noi deve essere coinvolto in questo faticoso percorso, facendo una cosa sola: liberare e sciogliere la nostra fiducia, rinunciando una volta tanto ad avere noi il controllo della situazione. Certo, il cavallo è più nobile del puledro, ma è pur sempre guidato con le briglie dalle nostre mani. Il puledro sembra meno adeguato, ma alla fine, nel suo muoversi più a rilento e in modo imprevedibile, ci impedisce di condurlo dove vogliamo, istruendoci nell’avere fiducia e allenandoci ad essere più umani, seguendo Gesù fino in fondo, fino all’alba del giorno di Pasqua.
E allora saliamo in groppa all’asino, con timore e tremore, forse, ma senza voltarci indietro, augurandoci, come singoli e come Chiesa, una buona Settimana Santa!