LA TRACCIA – Un pensiero per domenica
Domenica 28 ottobre – 30° del Tempo Ordinario (anno B)
L’APERTURA DEL DESIDERIO
(Mc 10, 46-52)
Abbiamo imparato a parlare perché qualcuno ci ha ascoltati, raccogliendo il grido del nostro desiderio. Al tempo stesso lo slancio dei desideri non si spegne nella misura in cui non viene risolto con un soddisfacimento immediato, ma custodito e accompagnato nella sua apertura verso altro e altri.
Gesù crea le condizioni perché Bartimeo possa alzarsi, prendere parola, esprimere senza remore la sua domanda. Un grido che non trova ascolto, infatti, rimane strozzato, quasi come un nodo in gola che soffoca il suono della voce.
E così lo stesso Gesù coglie nell’apertura buona di quel desiderio la fiducia incondizionata, la capacità di mettersi a nudo, l’attesa non solo di cose, ma di relazioni nuovamente possibili, di una strada su cui camminare, di una comunione che ricostruisca un luogo abitabile.
Altro che, come domenica scorsa, “adesso devi fare ciò che ti diciamo noi!”, ma “mi puoi aiutare a scoprire chi sono, a vedere in modo nuovo, a ritrovare una direzione verso cui guardare?”. C’è un abisso tra le due richieste: la prima è mortificante, chiude ogni dialogo, mentre la seconda aderisce alla vita concreta, non ha timore di attraversare la mancanza, di farsi educare, di entrare nella logica della pazienza dei tempi lunghi.
Stupisce che proprio chi è vicino a Gesù, ancora una volta, faccia di tutto per soffocare quel grido. Ci riempiamo la bocca di condivisione e di ospitalità, ma poi, non appena qualcuno chiede di camminare con noi, ci dà fastidio. Affermiamo con facilità che la Chiesa è comunione, ma non appena si tratta di lavorare insieme, di allargare lo sguardo, di fare spazio ad altri, siamo pronti ad innalzare muri e a chiuderci in difesa.
L’apertura onesta e trasparente di Bartimeo ha fatto paura allora e farà paura sempre, perché spiazza, destabilizza, rompe le abitudini assodate. Ma proprio questa esperienza può diventare una porta verso l’inedito, per scoprire che il vangelo non è più all’opera dove ci sono cuori chiusi e menti grette, ma è già là a precederci dove qualcuno, come il cieco lungo la strada, ha il coraggio di prendere sul serio la propria vita e di gridarla, mentre altri, in nome di Gesù, hanno altrettanto coraggio nel lasciare con libertà tutto ciò che ostacola la raccolta e l’ascolto di quel grido, per poterlo accogliere con gratitudine a grandezza d’animo.
Che le nostre comunità smettano di essere fortini e non abbiano paura di diventare strade, piazze, case attraverso cui ciascuno possa essere aiutato a scoprire la benedizione di Dio nel quotidiano della vita. La Chiesa di Gesù esiste per questo; il resto continuerebbe ad essere una struttura soffocante, un nodo in gola, che tende a chiudere invece di mantenere aperta la forza credente dei nostri più profondi desideri umani.