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La Traccia domenica 23 Settembre

LA TRACCIA – Un pensiero per domenica

Domenica 23 settembre – 25 ° del Tempo Ordinario (anno B)
NELL’ABBRACCIO DI UN BAMBINO
(Mc 9,30-37)

Abbracciare ed essere abbracciati: le due cose stanno insieme. Non puoi abbracciare qualcuno evitando di gettarti a tua volta nelle sue braccia. Ciò che succede è un’esperienza di fiducia reciproca, che passa attraverso il contatto corporeo e la sensibilità della pelle. L’abbraccio fa sentire protetti, ma non soffocati, esprime vicinanza e non invadenza, esige delicatezza nei movimenti e non uno stile maldestro. Nell’abbracciare ed essere abbracciati ci sciogliamo dalle nostre durezze, perché ci riconosciamo fragili, bisognosi di aiuto; è un gesto che supera i ruoli e riporta all’immediatezza della vita, a rapporti reali e non virtuali.
Quante volte si genera diffidenza dentro una testa che si ostina a pensare in astratto, per poi superare il blocco non appena si sentono sulla propria pelle il fiato e le braccia dell’altro!
Di fronte alla crescente incomprensione della folla e dei discepoli, Gesù abbraccia un bambino, prendendolo in braccio. Lui stesso impara da quel gesto a ritrovare la giusta misura del Regno di Dio, che non ha nulla da spartire con la rincorsa ai privilegi e ai primi posti. Riposando per un istante in quell’abbraccio, sente sul suo corpo il ritmo inconfondibile del cuore del Padre, che rasserena e libera dalle logiche di potere più o meno nascoste. Non succede forse così anche per papà e mamma, o in altro modo anche per i nonni nei confronti dei nipotini, quando abbracciano i loro piccoli dopo una faticosa giornata di lavoro, o si coricano accanto a loro prima di addormentarsi?
Non si tratta di regredire all’infanzia, ma di riconoscere nell’immediatezza del bambino, nella sua fragilità, nella sua incontrollata capacità di fare domande fino allo svenimento, il segreto da cui ripartire per superare le nostre chiusure di adulti, il mutismo a cui ci condanniamo da soli quando abbiamo paura anche solo di esprimere le nostre ferite o di essere toccati nel nostro orgoglio per il semplice fatto di chiedere aiuto a qualcuno.
In un contesto di totale incomprensione, e dunque di scandalosa solitudine, Gesù riapre il cammino grazie a quell’abbraccio e ci fa ripartire tutti da lì. Possiamo immaginare che abbia ritrovato il sorriso, almeno per un istante, che sia stato proprio quel bambino, incontrato per caso, a interrompere quella triste logica di paura e di prevaricazione che non stava portando da nessuna parte.
Quanto è vero! Ci attardiamo in elucubrazioni mentali su chi di noi sia il più grande, mischiando l’arrivismo con l’invidia, quando basterebbe un abbraccio fatto di pelle e di corpo per riscoprire la benedizione della nostra fragilità e percepire dove passa la vera linfa vitale di ciascuno di noi!
Tutto può iniziare a cambiare ogni volta che, come il Signore, ricominciamo dal gesto coraggioso dell’abbraccio di un bambino.

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